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«ARIDATECE ER PUZZONE!»

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«Aridatece er puzzone!». Così si mormorava a Roma a causa della scontentezza del nuovo corso che faceva seguito alla defenestrazione di Mussolini e alla fine del ventennio fascista. “Er puzzone” era il Duce, che proprio a Roma aveva vagheggiato il ritorno del glorioso Impero che fu. Del resto, i Romani sono famosi non certo per i modi principeschi ma per un’arguta sensibilità, prodotta da migliaia di anni di storia unica ed esemplare. «Annatevene via tutti e lasciatece piagne da soli» era il motto fiorito sui muri della Capitale, dopo anni di guerra e di passaggio di poteri (Tedeschi, Alleati). Ovviamente, il Papa era escluso dall’invocazione.

Tornando al “puzzone” e al mondo che aveva rappresentato, il concetto era il seguente: gli scontenti o i nostalgici dicevano: «(secondo noi) si stava meglio quando (secondo voi) si stava peggio». Insomma: si trattava di un desiderio di tempi passati che, seppure nefasti, apparivano migliori o più appetibili di quelli presenti. Anche oggi si avverte spesso nostalgia per i momenti che furono e che, verosimilmente, non torneranno più. Di là dalla solita tendenza della massa a considerare anacronisticamente la storia (cioè a vedere il passato con gli occhi di oggi), permane un fondo di rimpianto giustificato per molte cose andate.

Applicando queste idee al cattolicesimo romano, si vuole dire, da parte di chi non è cattolico ma soltanto cristiano secondo il N.T., che esiste un po’ di rammarico per i Papi che furono, o meglio per il papato d’altri tempi. Quello di oggi è un papato annacquato dal populismo e dalla voglia smodata di fare, di cattivarsi il favore delle masse, un papato che sta drammaticamente aprendo la porta a una serie di comportamenti e di azioni che recheranno per molto tempo un’influenza nefasta nello “spirito della massa”. Non che prima fosse meglio, alla fin fine, ma almeno si sapeva che cosa si doveva combattere con il Vangelo alla mano. Un tempo c’era, forse, il teologo cattolico; oggi c’è la massa amorfa, senz’arte né parte, che procede per sentito dire, priva di qualunque spirito critico e dunque rivoluzionario (in senso positivo) all’occorrenza. Un tempo, forse, l’anti-cattolicesimo aveva ancora una ragione, per chi lo subiva; oggi certamente no, perché il cattolicesimo è tutto in tutti, un vino diluito in molte fonti: va tutto bene e sono tutti bravi, purché ciascuno sia libero di fare come gli pare.

Per principio, si sa, la massa vuole tutto (oggi) e il contrario di tutto (oggi stesso e forse domani). La massa vuole essere accontentata, intrattenuta, coccolata e assistita. Al contrario, il Vangelo non vuole intrattenere, ma salvare le anime dei perduti. È la gente che si deve adattare al Vangelo, e non il contrario. Ovviamente, tale adattamento va visto e praticato alla luce dei principi biblici, che sono validi nell’universalità del tempo e dello spazio. Per tornare alla pratica dei precetti neotestamentari, non va abbandonato il computer (che non c’era) per prendere l’asino (che c’era). Il Vangelo tiene conto delle circostanze storiche ma ha applicazioni perenni, per tutti i luoghi e stagioni. Il Vangelo giunge da Dio, la storia dagli uomini …

Giudicare oggi il cattolicesimo romano, capire dove stia andando, è compito difficilissimo: occorre aspettare che i fatti si distendano nel tempo, prima di esaminarli storicamente. Nondimeno, alcune costanti si possono, proprio dal passato, individuare: non si dà cattolicesimo senza Papato, la venerazione dei santi e della Madonna, i sacramenti, il prete, la mediazione della Chiesa Cattolica. E proprio la capacità del cattolicesimo di domare la massa è prodigiosa. Certo, senza il conforto del potere governativo, il cattolicesimo non sarebbe potuto diventare quello che è: una potenza politica ed economica mondiale guidata, nel corso dei secoli, da un personale accorto e capace (e non certo dallo Spirito Santo, che si preoccupa di guidare i credenti in ben altro modo). Nel decorso della sua storia millenaria, non è facile capire il rapporto tra cattolicesimo e massa. Il cattolicesimo è camaleontico, sa adattarsi alla bisogna. Come detto sopra, la massa vuole essere accontentata, intrattenuta, coccolata e assistita. Con la massa, il cattolicesimo ha usato il bastone e la carota. Sappiamo bene che certe dottrine o leggi della Chiesa cattolica sono scavalcate (si badi bene: non annullate) da altre disposizioni. L’indissolubilità del matrimonio va a farsi friggere, de facto, quando la nullità del matrimonio è offerta GRATUITAMENTE e RAPIDAMENTE per una lunga serie di ragioni, adattabili a tutti. Questo ha voluto il Papa. Prima si pagava, e profumatamente, e solo una determinata categoria di persone poteva accedervi. La gente è veramente attenta, quando si tratta di sfruttare certe posizioni del cattolicesimo. Un esempio pratico: qualche giorno fa, mia moglie ed io abbiamo incontrato un amico comune (intorno ai cinquant’anni), che ci ha presentato la sua convivente, mai coniugata. Egli ha ottenuto il divorzio perché sua moglie era rimasta incinta di un altro. A suo tempo, mi chiese quale fosse la sua situazione DAVANTI A DIO. In conformità a Matteo 19:1ss (e altri brani), gli risposi che lui poteva procedere ad una nuova unione matrimoniale perché era stato tradito (e che, nel frattempo, però, non aveva la facoltà né di convivere né di avere rapporti sessuali, pena il peccato di fornicazione). Dico loro di cessare immediatamente la convivenza e di sposarsi. Al che il nostro amico replica: «Noi vogliamo sposarci, ma bisogna innanzitutto vedere CHE COSA DICE IL PRETE circa il nostro matrimonio in chiesa, perché io sono divorziato». «Se questo è l’ostacolo, allora sposatevi in Comune», è stata la mia risposta. «Sì, si potrebbe anche fare così ma noi siamo Cattolici e vorremmo sposarci in chiesa. Ad ogni modo, se il prete non vuole farlo, allora chiedo la nullità del matrimonio e risolvo il problema». Un falco sarebbe stato meno rapido nell’acchiappare la sua preda. Gli dico, scherzando alla romana: «Ahó, tu che hai solo due neuroni nel cervello, uno a destra e uno a sinistra, questa cosa però l’hai capita al volo!». E lui, per tutta risposta, si fa una bella risata.

Questo è quello che capisce la gente, in soldoni. Le sottigliezze teologiche e i vari discorsi biblici non interessano. La forza del cattolicesimo risiede nel trovare sempre una soluzione (soprattutto in confessionale e fuori).

Il papato di Francesco è stato definito “una rivoluzione”. Egli si è preoccupato sempre di andare al cuore della gente, di presentare un volto più “umano” della Chiesa Cattolica, travolta da un’infinità di scandali e pericolosamente vicina al collasso. Ad esempio, si pensi al Papa emerito, alle dimissioni di Ratzinger, fatte passare addirittura per un comportamento “moderno” (“perché no?” dice la gente, che dimentica tutto il sostrato teologico creato dai preti per giustificare l’esistenza e l’elezione del Papa stesso).

Troppo spesso si definisce “rivoluzionario” l’agire di un Papa. Bisogna vedere di che “rivoluzione” si tratti e quali siano le sue reali conseguenze nella breve e, soprattutto, lunga durata. Tra poco molti otterranno la nullità del matrimonio, bussando magari alle “porte” della Chiesa di Cristo con la pretesa di entrarvi e forse trovando anziani, predicatori e membri compiacenti …

Scosso dalla dichiarata (l’orribile coming out tanto caro al linguaggio comune) omosessualità di un insigne monsignore teologo polacco, che ha detto di essere soltanto uno dei moltissimi gay presenti nella Chiesa Cattolica, da qualche giorno si è aperto il Sinodo sulla famiglia, voluto un anno fa dal Papa. Il Sinodo non ha potere deliberativo. Si tratta di un consesso che deve fornire al Papa le indicazioni necessarie alla scelta che il Papa stesso, e solo lui, farà. Circa i temi caldi (coppie di fatto, omosessualità, divorzio e nuove nozze …), vi sarà lo scontro tra falchi e colombe. La massa vuole la piena apertura a tutto e a tutti. La confusione è totale. Non si capisce più niente. C’è chi dice una cosa e chi dice il contrario. Il Papa sentirà e poi deciderà, probabilmente trovando qualche scappatoia per contentare tutti e salvare capra e cavoli. Come che sarà, non ci saranno comunque problemi, nella lunga gittata giacché i prossimi Papi potranno sempre fare diversamente da lui, in un modo e in un altro, pur di accontentare la gente e di mantenere il proprio potere, in quello strano scambio di cui si è parlato sopra.

Il cattolicesimo romano prende per stanchezza, per ignoranza biblica, per mancanza di memoria storica.

Il cattolicesimo romano non è nella Bibbia, essendo unicamente una creazione di tipo storico. È ancora in piedi, e va contestato sulla base della Parola di Dio – come ogni altra forma di pensiero religioso che pretenda di conferire la salvezza fuori dei canoni biblici. Quindi, il cattolicesimo c’è ed è sempre più potente. Il cristiano secondo il Nuovo Testamento amerebbe confrontarsi con un cattolicesimo preciso, chiaro, che non cambi, in modo da poterlo controbattere a suon di Sacra Scrittura. Ma questo cattolicesimo, guidato da questo Papa, non è né carne né pesce.

Perciò, per cortesia, «aridatece er puzzone!».

Arrigo Corazza

PS – Un’ora dopo la stesura di questo Editoriale, ho visto il seguente video

http://video.repubblica.it/cronaca/il-prete-giustifica-i-pedofili-in-tv-l-arcidiocesi-di-trento-lo-sospende/213879/213051?ref=HREA-1

Così commenta il Corriere della Sera:

Fanno discutere le dichiarazioni di Don Gino Flaim, un sacerdote di Trento, intervistato dall’emittente nazionale La7 sui casi di pedofilia all’interno della Chiesa cattolica: «Io la pedofilia posso capirla, l’omosessualità non lo so». Alla richiesta di spiegazioni della sua affermazione aggiunge: «Perché io sono stato tanto a scuola e i bambini li conosco. Purtroppo ci sono bambini che cercano affetto, perché non ce l’hanno in casa. E magari se trovano qualche prete, può anche cedere insomma. E lo capisco questo». E quando gli viene chiesto se praticamente sono un po’ i bambini la causa, dice: «Buona parte sì». Alla domanda poi se le accuse verso la pedofilia siano ingiustificate, il sacerdote risponde così: «Accusa è un peccato e come tutti i peccati vanno accettati anche». Nel frattempo, con un comunicato, l’arcidiocesi di Trento si dissocia dalle dichiarazioni di don Gino Flaim – finora collaboratore pastorale della parrocchia di San Giuseppe a Trento: «ha espresso argomentazioni che non rappresentano in alcun modo la posizione dell’Arcidiocesi di Trento e il sentire dell’intera comunità ecclesiale. L’Arcidiocesi di Trento, in seguito a tali dichiarazioni, comunica che a don Flaim sono stati revocati l’incarico di collaboratore pastorale e la facoltà di predicazione».

Giudici 24:25 racconta che «in quel tempo, non c’era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio». Oggi è lo stesso perché manca, nel cuore delle persone, il Regno di Cristo e il vero Re: Dio Padre. La situazione è drammatica. Occorre pertanto predicare accuratamente il Vangelo di Gesù.

Arrigo Corazza