26 novembre 2013
Il dramma dell’uomo è che non crede di dover finire i propri giorni come invece sarà … Il mondo di oggi tenta continuamente e vanamente di esorcizzare il pensiero, la realtà e il problema derivanti dalla morte fisica.
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«O Signore, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni. Fa’ che io sappia quanto sono fragile. Ecco, tu hai ridotto la mia esistenza alla lunghezza di qualche palmo, e la mia durata è come nulla davanti a te; certo, ogni uomo, benché saldo in piedi, non è che vanità. Certo, l’uomo va e viene proprio come un’ombra; certo, si affanna per quel che è vanità; accumula ricchezze senza sapere chi le raccoglierà. O Signore, che cosa aspetto? La mia speranza è in te. Liberami da tutti i miei peccati; non abbandonarmi agli schemi dello stolto» (Sal 39:5-8).
«Ora a voi che dite: “oggi o domani andremo nella tale città, vi staremo un anno, trafficheremo e guadagneremo”, mentre non sapete quel che succederà domani! Che cos’è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce? Dovreste invece dire: “se Dio vuole, saremo in vita e faremo questo o quest’altro”. Invece voi vi vantate con la vostra arroganza. Un tale vanto è cattivo. Chi dunque sa fare il bene e non lo fa commette peccato» (Gc 4:13-17).
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Esattamente il 21 luglio del 1969, dopo averla sognata da sempre, l’uomo finalmente riusciva a raggiungere la Luna. Quanto orgoglio e quale ammirazione per l’uomo, capace di raggiungere, specie nel Novecento, vette inimmaginabili! Tuttavia, dal 21 luglio 1969, abbiamo capito che la conquista della Luna non è valsa a nulla, se non a spendere un numero incalcolabile di denaro (che, forse, si sarebbe potuto impiegare per scopi molto più utili, qui, sulla vecchia Terra) o forse per scopi militari, di cui nulla si sa. Anche oggi, come sempre del resto, comprendiamo che la nostra conoscenza delle cose è assai limitata e che poco o nulla si può contro il cancro o altre terribili malattie. Ma ci duole ammetterlo. La realtà dei fatti è ben altra: l’uomo non può vincere il dolore e la morte, che appartengono alla sua vita. Questo ferisce gravemente l’orgoglio del presunto “dominatore dell’universo”.
Abbiamo detto sopra che, soprattutto nel Novecento, la creatura umana ha raggiunto vette impensabili. In modo parallelo, però, anche il suo l’orgoglio ha raggiunto altezze inaspettate. Si è ritenuto di poter fare tutto e il contrario di tutto, in nome della tecnica e della conoscenza, dimenticando di fare i conti senza l’oste: Dio. Egli solo è il Signore supremo e onnipotente del cosmo. Esiste una barriera insuperabile tra Dio e l’uomo. Codesta barriera è stata infranta da Cristo Gesù, il quale ha disposto la salvezza per tutti i peccatori ravveduti. L’uomo, mortale e peccatore a causa delle sue trasgressioni, è diventato «partecipe della natura divina» (2Pt 1:4) solo grazie a Cristo. Quale immenso beneficio per noi, che eravamo perduti! Cristo non ci ha promesso di salvarci dalla corruzione fisica e dalle malattie. Molti non sanno questo, e pretendono da Dio ogni tipo di salvezza materiale e fisica.
Il ciclo della vita è ben definito, e va dalla nascita alla vecchiaia. In quanto creature umane, noi non possiamo aspettarci diversamente; quel che possiamo fare è prepararci ad incontrare il nostro Dio – benedetto in eterno (vedi Am 4:12) –, con l’umiltà, la consapevolezza e la gratitudine che dovrebbero sempre contraddistinguere i figli di Dio adottati per mezzo di Cristo. La nostra finitezza è evidente. Tuttavia, altrettanto evidente è la grandezza divina. Riflettiamo su tutto questo leggendo il bellissimo Salmo 39.
Arrigo Corazza