LA NUOVA NASCITA E NICODEMO

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LA NUOVA NASCITA E NICODEMO

12 ottobre 2022

 

GIOVANNI 3:1-21

«C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Egli venne di notte da Gesù, e gli disse: “Rabbì, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui”. Gesù gli rispose: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio”. Nicodemo gli disse: “Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?” Gesù rispose: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Nicodemo replicò e gli disse: “Come possono avvenire queste cose?” Gesù gli rispose: “Tu sei maestro d’Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle cose celesti? Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo che è nel cielo. E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio».

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IL DIALOGO TRA DUE MAESTRI

Il dialogo tra Gesù e Nicodemo (Gv 3:1ss) è una vivida pittura, cara a tutti gli amanti della Bibbia, di due insegnanti che si confrontano sul fondamentale compito d’interpretare i segni di Dio dati nella storia umana. Da un lato abbiamo Nicodemo, il maestro dell’Israele di Dio (l’articolo nell’originale greco di Gv 3:10 indica il riconoscimento di questo status), assai probabilmente una persona anziana (se l’affermazione di Gv 3:4 si riferisce a lui), un capo dei Giudei, un Fariseo (Gv 3:1), un membro del Sinedrio, che si preoccupa sinceramente della verità, in dubbio sull’identità di Gesù (chi è Gesù? E quale precisa relazione intrattiene con l’Onnipotente, il Dio del popolo eletto, Israele?); dall’altro lato, Gesù, un maestro (rabbì: Gv 3:2), un nuovo maestro, il quale, evitando di collocarsi nella cornice religiosa tradizionale ed ufficiale d’Israele, sta davvero sorprendendo il popolo e, allo stesso tempo, preoccupando le autorità ebraiche.

Questo nuovo maestro Gesù, apparentemente uno dei tanti che si sono susseguiti nella storia ebraica, Gesù che non ha seguito un corso regolare di studi che possa consentirgli di essere chiamato ufficialmente rabbì (Gv 7:15), dice e fa cose che sono fuori di ogni possibile comprensione, se interpretate alla luce della tradizione imposta. Gesù: parlando del bisogno dell’uomo di cambiare la parte più profonda di sé (un vero problema, questo, giacché assai raramente si è disposti a modificare abitudini inveterate), andando oltre i valori stabiliti dalle autorità religiose (non solo del suo tempo, ma d’ogni tempo), essendo interamente e religiosamente dedicato al Regno di Dio fino al punto di profetizzare la veniente passione ed offerta vicaria sulla croce (Gv 2:19-22; 3:14), costituisce un serio dilemma per i suoi contemporanei (Gv 7:12-13; 40-43). Occorre notare che, dapprincipio, assistiamo ad un dialogo tra due insegnanti; in seguito, però, solo ad un monologo del giovane maestro, che diventa il vero ed unico protagonista dell’intera scena.

Nicodemo, l’insegnante riconosciuto dal sistema, è in serio imbarazzo, e non aggiunge nulla a quanto Gesù ha affermato. Perciò, anche a Nicodemo (come a tutti noi) non rimane che ascoltare e prendere una decisione: per Gesù o contro Gesù. Infatti, non c’è modo di diminuire la sua grandezza: nessuno parla come lui (Gv 7:46), nessuno è in grado di penetrare tanto profondamente quanto lui nello spirito dell’uomo (Gv 2:23-25). Perché Gesù è così unico, particolare, incomparabile? Perché è il Figlio di Dio, la via, la verità, la vita … (molti, oggi, hanno dimenticato che Gesù è la Parola di Dio fatta carne: Gv 1:1-18). In presenza della piena rivelazione di Dio in Cristo Gesù (Eb 1:1-3), i dibattiti lasciano il tempo che trovano e, come detto, non rimane che esprimersi a favore o contro Gesù di Nazaret («Chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde»: Mt 12:30).

 

UN CHIARO ANTECEDENTE: GIOVANNI 1:11-13

«È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio».

* * *

Due tra i più famosi esempi biblici sul tema della nuova nascita ricorrono nel Vangelo di Giovanni (in 1:11-13 e 3:1-21). Diamo uno sguardo al primo esempio (Gv 1:11-13), che ci aiuterà a capire adeguatamente il famoso discorso tra Gesù e Nicodemo (Gv 3:1-21). Gv 1:11-13 afferma che il Signore venne in casa sua, tra i suoi, ma non fu accettato; tuttavia, a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a coloro cioè che credono nel suo nome, i quali sono nati non da sangue o da volontà umana, ma piuttosto da Dio. Qualunque sia il significato da attribuire a «suoi» (i Giudei? il mondo?), il contrasto è tra quelli che lo hanno ricevuto e quelli che non lo hanno ricevuto. Mentre questi ultimi sono perduti nei loro peccati, i primi hanno il diritto (o “autorità”: exousìa, in greco – un’importante parola del N.T.: vedi, ad esempio, Mt 28:18; Gv 17:2; Rm 13:1) di diventare figli di Dio. Il testo specifica, inoltre, che quelli che lo hanno ricevuto sono esattamente quelli che hanno creduto nel suo nome (“nome” è un modo di dire semitico che indica carattere e autorità).

Dunque, comprendiamo senza alcun dubbio che soltanto quelli che credono nella persona di Gesù quale Cristo, Figlio dell’Iddio vivente, hanno sperimentato la rigenerazione divina. Questa sorprendente nuova nascita non è creazione della volontà umana, ma rappresenta il risultato dell’intervento divino. Gv 3:6 sostiene che «quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito». Ci troviamo, pertanto, al cospetto di due realtà diverse perché diverse sono le origini: da un lato, il mondo spirituale abitato da coloro che sono nati d’acqua e spirito; dall’altro, il mondo carnale, con le sue strutture e i suoi modi di essere. Secondo Gv 1:11-13, i credenti in Cristo non sono il risultato di: sangue (qui il greco ha il difficile plurale “sangui”; nell’antichità si riteneva che la generazione umana procedesse dalla fusione del sangue dei genitori); volontà della carne (il desiderio di entrambi i genitori naturali; qui “carne” non ha il significato frequentemente negativo che il N.T. le attribuisce, ma indica la procreazione naturale); volontà umana (il desiderio di avere prole).

 

GIOVANNI 3:3

Nicodemo, uno dei capi dei Giudei, incontra Gesù per capire chi egli sia. I credenti d’ogni tempo e luogo hanno sempre amato profondamente la frase che, nella circostanza, il Signore rivolge a Nicodemo: «In verità, in verità ti dico che se uno non nasce di nuovo non può vedere il Regno di Dio» (Gv 3:3). Nascere di nuovo (o nascere dall’alto, come vedremo più avanti) è il tema principale del Nuovo Patto stipulato mediante il sangue di Cristo: per sperimentare il Regno di Dio è assolutamente necessario nascere di nuovo, dall’alto, e continuare a vivere secondo la volontà dello Spirito. Il brano di Gv 3:3 si situa molto bene non solo nell’intero messaggio del N.T., ma anche e in specie nell’orizzonte specifico del Vangelo di Giovanni, che può essere riassunto così: la Parola di Dio divenne carne per rivelare la volontà del Padre e per morire sulla croce in modo da salvare i peccatori: Gesù è l’antìtipo (corrispettivo) del serpente di bronzo levato nel deserto da Mosè, dietro impulso divino, per guarire gli Israeliti morsi dai serpenti (Nm 21:4-9; Gv 3:14-15).

La salvezza esige una vita seria, disciplinata, fondata sullo Spirito di Dio: questo tipo di esistenza non è semplice in un mondo che non conosce Dio. Chi nasce di nuovo, dall’alto, dal suo battesimo alla chiamata finale deve far sì che le cose spirituali prevalgano su quelle materiali. In altre parole, la nuova nascita comincia con il battesimo e si snoda, mossa da speranza, felicità, ubbidienza, perseveranza e fedeltà, sino alla fine. Tale è la richiesta divina nei confronti di chi crede: una vita piena di fede, una vita guidata dallo Spirito di Dio. Questi comportamenti nel Regno non possono essere in alcun modo disgiunti dalla carità, visto che proprio la carità (agàpe) ha spinto il Padre a donare il proprio Figlio (Gv 3:16; cfr. 1Gv 4:9-10). Gesù Cristo, la Parola di Dio, è vita eterna, è il solo in grado di portarci nel Regno del Padre. Tutto ciò sarà possibile unicamente se nasceremo di nuovo e se le questioni spirituali saranno al primo posto nella nostra vita (Mt 6:33), per la semplice ma valida ragione che amiamo la gloria di Dio più d’ogni altra cosa o persona.

 

NICODEMO

Compare solo nel Vangelo di Giovanni, e solo tre volte: qui in Gv 3, poi in 7:50-53 e, da ultimo, in 19:39-42. Dopo aver dialogato con Gesù (Gv 3:1-21), Nicodemo tenta invano di difenderlo dai Giudei (Gv 7:50). In occasione della sepoltura del Signore, accudisce il suo corpo insieme a Giuseppe d’Arimatea. Stando alle fonti bibliche, è impossibile capire se sia mai diventato cristiano: si può notare solo un suo progressivo interesse nei confronti del Cristo, ma nulla di più preciso e concreto. La tradizione ha fatto di Nicodemo un pauroso ed ottuso, perché si reca da Gesù di notte per porgerli alcune domande “strane”, ma forse non è proprio così: la visita notturna non significa necessariamente che avesse paura (sono state avanzate altre plausibili spiegazioni, tra cui quella che la notte fosse il momento più propizio per le discussioni religiose); inoltre, Nicodemo tutto sembra fuorché stupido.

Al contrario, sembra particolarmente interessato a conoscere più a fondo la personalità di Gesù. Infatti, non arriva per caso all’incontro con il Maestro: deve aver perseguito con una certa caparbietà l’occasione di vederlo, perché riconosce il fatto che Gesù viene da Dio e vuole davvero saperne di più. Il problema di Nicodemo è il medesimo che molti hanno quando si trovano al cospetto di Gesù: la loro mentalità è così “incapsulata” negli schemi del mondo (vedi Rm 12:2) che assai difficilmente riescono a penetrare e ad accettare l’originalità della rivelazione di Dio in Cristo. Semplicemente, non riescono a comprendere chi sia Gesù. Non è qui questione d’intelligenza, ma piuttosto di prevenzione, fede e apertura nei confronti di Dio

 

GIOVANNI 3:1-21

Per comprendere adeguatamente Gv 3:1-21 occorre partire da Gv 2:23-25, dove viene detto che Gesù non si fidava di coloro che lo avevano visto compiere i segni (tà sèmeia, in greco) a Gerusalemme, in occasione della Pasqua. Ma perché Gesù non si fidava? Perché conosceva quel che era realmente nel cuore dell’uomo. E Nicodemo, che va a cercare Gesù (Gv 3:1), deve essere stato uno di costoro (Gv 3:2). Dunque, molto probabilmente, Nicodemo è spinto verso Gesù dai segni che gli ha visto compiere. Questa, tuttavia, non è la fede che Dio esige: è una fede di tipo carnale (vedi sotto), che non va bene. Infatti, la vera fede non riposa sui miracoli, ma sull’amore più genuino e puro per il Figlio di Dio. Il quale si dimostra molto riservato verso credenti siffatti: come il Padre, anche il Figlio richiede una fede più profonda (Gv 8:31-59).

Sapendo bene che cosa l’uomo ricerchi, Gesù non si fida dell’uomo. Se esaminiamo la predicazione di Gesù nel suo sviluppo, notiamo che dapprincipio molti credono in lui, ma ciononostante Gesù non si fida di loro. Alla fine del suo ministero, le cose si capovolgono: la quasi totalità non crede al Figlio di Dio, che morirà praticamente da solo. Al solito, Gesù coglie nel segno, e fa bene a non fidarsi dell’uomo. L’uomo: se non viene illuminato dalla rivelazione di Dio, nulla può sperare di ottenere. Lasciato a sé stesso, l’uomo è destinato alla morte. Solo Dio può salvarlo, e ciò accade unicamente in Cristo.

 

TRE PAROLE CHIAVE IN GIOVANNI 3:1-21

Nell’originale greco di Gv 3:1-21 ricorrono tre parole suscettibili di duplice significato (se così fosse, ci troveremmo in presenza di una specie di voluta ambiguità linguistica da parte di Giovanni):

  • ànothen (“di nuovo” o “dall’alto”);
  • ghennào (“generare” spiritualmente o carnalmente);
  • pnèuma (“spirito” o “vento”).

Queste tre parole chiave, cruciali per il corretto intendimento del brano, presuppongono che una stessa realtà possa essere compresa dal punto di vista sia spirituale, sia carnale. Sappiamo quanto l’uomo possa rimanere prigioniero del livello carnale; pertanto, se desidera essere credente secondo la volontà di Dio, deve passare al livello più alto, quello spirituale. Solo Dio può aiutarlo ad ascendere allo stato spirituale necessario per entrare nel Regno e per ottenere la salvezza – e tutto questo avviene attraverso la rivelazione di Dio in Cristo. Abbandonato a sé stesso, l’uomo è prigioniero dei suoi orizzonti carnali. Per aprirsi al mondo di Dio, gli è indispensabile il potere dello Spirito (Gv 3:8).

 

LA NUOVA NASCITA: TRE COMPONENTI

Per essere tale, la nuova nascita richiede la presenza e la fusione di tre componenti:

  • l’origine da Dio;
  • il dono (grazia) offerto da Dio a tutti i credenti battezzati;
  • un cambio drastico e completo (essere nato di nuovo implica una ripartenza totalmente nuova rispetto al passato).

 

ÀNOTHEN: NATO DI NUOVO O DALL’ALTO

Il greco ànothen è decisivo per la comprensione di Gv 3:1-21. Si tratta di un avverbio di luogo (“dall’alto”) e di tempo (“dall’inizio”, “di nuovo”). In Gv 3:3 il lettore è chiamato a scegliere tra i due significati. La storia dell’interpretazione (“esegesi”) del brano ci fa sapere che gli studiosi si sono divisi equamente tra i due significati. Nondimeno, si potrebbe pensare anche ad una terza possibilità: quella di combinare i due sensi, sì da avere una nuova nascita dall’alto. Se così fosse, allora Giovanni sarebbe stato volutamente ambiguo, sfruttando appieno le potenzialità offerte da ànothen.

Ora, poiché l’interpretazione della Bibbia non è monopolio di alcun potere ecclesiastico (come disgraziatamente si apprende dalla storia), ma è il risultato della Bibbia che interpreta se stessa, il doppio significato nascere di nuovo dall’alto non è affatto da scartare, anzi è del tutto possibile, specialmente se visto alla luce dell’insegnamento totale del N.T., secondo cui la rigenerazione dell’uomo può provenire solo da Dio, cioè dal Cielo, cioè dall’alto.

 

LA NECESSITÀ DEL BATTESIMO

Circa il fondamentale tema biblico della nuova nascita, bisogna dire che essa non è un’opzione e richiede il battesimo, secondo il comando del Signore Gesù. La nuova nascita non è un’opzione: così dicendo non facciamo altro che ripetere le parole di Cristo: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il Regno di Dio» (Gv 3:2). Non si può “vedere” il Regno, se non si nasce di nuovo, dall’alto senza la rigenerazione spirituale voluta da Dio. Del pari, dicendo che la nuova nascita richiede il battesimo, non facciamo altro che applicare le parole di Cristo: «In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3:5).

Non è possibile entrare nella sfera della salvezza dell’anima, senz’acqua e Spirito, vale a dire senza passare attraverso il battesimo (che, nell’originale greco, significa “immersione”), punto di arrivo di un processo di conversione voluto dallo Spirito mediante le Scritture. Disperati appaiono i tentativi di negare che qui Gesù si stia riferendo al battesimo in acqua: Gv 3:2 e 3:5 sono perfettamente in linea con altri luoghi del N.T. quali At 2:38; 8:12-13; 22:16; Mt 28:18-20; Mc 16:16; Ef 4:5; Rm 6:1-5; Gal 3:27; 1Pt 3:20-21.

 

APPLICAZIONI PRATICHE

  • LA VERA FEDE

Dalle parole del Signore Gesù è possibile comprendere che la vera fede non spartisce nulla con aspettative di tipo carnale. Molti continuano a chiedere segni celesti, dimostrazioni dell’esistenza di Dio e della sua provvidenza. Invece, il nocciolo della richiesta di Gesù è la fede centrata su lui, una fede capace di modificare attitudini e comportamenti, una fede radicata nell’amore incondizionato per il Signore, una fede profonda e genuina. Chi oggi si definisce “cristiano” è in grado di mostrare d’essere nato di nuovo, dall’alto, conducendo l’esistenza voluta dal Figlio di Dio? O si tratta, piuttosto, di voler essere “cristiani” solo per mostrarlo all’uomo e non a Dio? Chi si definisce “cristiano” è l’araldo, il testimone, in questa società piagata dal peccato, della benedizione di essere nato di nuovo, dall’alto?

  • TRASFORMAZIONE RADICALE

La nuova nascita, dall’alto, richiede la trasformazione radicale del peccatore. A ben guardare, abbiamo a che fare con un compito assai arduo, giacché niente è più difficile che cambiare la propria mentalità. Gli storici ci dicono che lo studio della mentalità è lo studio della lentezza nella storia. Un esempio: occorsero secoli prima che i contadini dell’Impero romano cambiassero la loro mentalità e si convertissero al cristianesimo. In latino, il contado era detto pagus, donde il nostro “pagano”. Si pensi che, intorno al 1000 d.C., molte zone dell’Europa erano ancora dominate dal paganesimo. Non è affatto difficile capire, ad un esame più attento, che molto di quel paganesimo è rimasto in svariate attestazioni di religiosità del “cristianesimo” a noi contemporaneo (prima di essere pagani nella pratica, lo si è nella mente … ). Combattere e vincere il vecchio uomo ancora dimorante in noi, è un ottimo segno di dura lotta spirituale ai fini della santificazione e dell’ubbidienza alle indicazioni dello Spirito. Certo, è difficile sconfiggere il vecchio uomo, ma possiamo riuscirvi con l’aiuto dello Spirito (1Cor 10:13). «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8:31). Abbiamo bisogno di passare dal livello carnale alle altezze spirituali. Per far questo, bisogna volere il pane spirituale.

  • DOCILITÀ ALLO SPIRITO

La prima conseguenza della rigenerazione spirituale è sicuramente l’ubbidienza all’insegnamento dello Spirito Santo. Ostinazione e disubbidienza possono annullare in noi la presenza vivente dello Spirito Santo (Ef 4:30). E solo lo Spirito può trasformare la vita attraverso la nostra fede e ubbidienza alla Bibbia, alla Parola di Dio, la spada dello Spirito (Eb 4:12; Ef 6:17), che ci insegna cosa fare e come fare: con amore, rispetto e attenzione. Essere sottomessi allo Spirito equivale a conoscere, amare e applicare la Parola, che può veramente renderci persone diverse in un mondo dominato da Satana (2Cor 3:4).

  • VIVERE COME PERSONE SPIRITUALI

Il discepolo di Cristo deve essere spirituale, dedito alla città celeste preparata per lui, perseverando senza ondeggiamenti nella fede una volta per sempre consegnata ai santi (Gd 3). Vivere secondo lo Spirito è accurata pratica quotidiana, e non è un peso ma un piacere (1Gv 5:3). Ciò produrrà frutti di carità, pace, mansuetudine (Gal 5:22-23). Se “camminiamo” secondo lo Spirito e per lo Spirito, le nostre esigenze carnali saranno ridotte al silenzio (Gal 5:24; Rm 8:5-13). I desideri carnali producono solo morte.

  • VIVERE COME FIGLI DI DIO

Grazie alla fede e il battesimo si diventa figli di Dio, eredi della salvezza divina. Dobbiamo pertanto vivere di conseguenza, praticando compiutamente la sua giustizia (1Gv 2:29), evitando il peccato (1Gv 3:9), amando i fratelli (1Gv 4:7).

  • MISSIONARI DI DIO

Per il cristiano il nascere di nuovo, dall’alto, è l’inizio di una missione – la sua missione! – che dura sino alla fine della sua vita terrena: quella di annunciare l’amore di Dio per i peccatori (Gv 3:16), quello stesso amore che lo ha portato alla fede.

 

Arrigo Corazza (2008)