LA TRISTE SORTE DI UZZA (2Sam 6:1-11)

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LA TRISTE SORTE DI UZZA (2Sam 6:1-11)

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Rispettare e temere Dio: un insegnamento tratto da un episodio drammatico dell’Antico Testamento.

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«Comportatevi con timore» (1Pt 1:17).

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«Ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti e offriamo a Dio un culto accettevole, con riverenza e timore, perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante» (Eb 12:28-29).

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«Di quale peggiore castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia…? Cosa spaventevole è cadere nelle mani del Dio vivente!» (Eb 10:29-31).

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«Compite dunque la vostra salvezza con timore e tremore» (Fil 2:12).

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«Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate, ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita, affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo» (1Pt 3:14-16).

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Il rispetto verso Dio, verso se stesso e verso il prossimo, rappresenta certamente uno degli aspetti più importanti (se non addirittura l’aspetto decisivo) della vita del cristiano. Il rispetto spinge a pensarla (e a condursi) in modo ben definito.

È noto a tutti che cosa significhi essere rispettosi dei genitori, della famiglia, della società, del lavoro, della legge … Per certi versi, poco evidente in noi Italiani è invece il rispetto e il timore da manifestare verso il Signore, essendo abituati in proposito a servire più gli uomini che non Dio, a custodire e temere determinate tradizioni create dagli uomini piuttosto che le tradizioni bibliche (del resto, come potrebbe essere altrimenti, vista la storia religiosa del nostro Paese?). Di solito, il favore che l’uomo ha generalmente manifestato circa l’ignoto sfocia nella magia o nella superstizione, mentre il mancato rispetto per Dio e la sua Parola (che fa conoscere quanto occorre ai fini della salvezza eterna) finisce, per forza di cose, nell’ignoranza spirituale più rozza e assoluta.

È giusto che i cristiani sappiano che cosa significhi rispettare Dio e la Chiesa, per la quale Gesù è morto (At 20:28). Il fatto che Cristo non si veda fisicamente non significa affatto che non esiste. Al contrario, la nostra fede deve far sì che Cristo viva e dimori in noi, per sempre, attraverso la fede, come dice Paolo nel bellissimo brano di Ef 3:17. Il cristiano cammina per fede e non per visione (2Cor 5:7).

 

LA MORTE DI UZZA

«Davide riunì di nuovo tutti gli uomini scelti d’Israele, in numero di trentamila. Poi si alzò, e con tutto il popolo che era con lui partì da Baalè di Giuda per trasportare di là l’arca di Dio, sulla quale è invocato il Nome, il nome del Signore degli eserciti, che siede sopra essa tra i cherubini. Misero l’arca di Dio sopra un carro nuovo e la portarono via dalla casa di Abinadab, che era sul colle; Uzza e Aio, figli di Abinadab, conducevano il carro nuovo con l’arca di Dio, e Aio precedeva l’arca. Davide e tutta la casa d’Israele sonavano davanti al Signore ogni sorta di strumenti di legno di cipresso, e cetre, saltèri, timpani, sistri e cembali. Quando giunsero all’aia di Nacon, Uzza stese la mano verso l’arca di Dio per reggerla, perché i buoi la facevano inclinare. L’ira del Signore si accese contro Uzza; Dio lo colpì lì per la sua empietà ed egli morì in quel luogo vicino all’arca di Dio. Davide si rattristò perché il Signore aveva fatto una breccia nel popolo, colpendo Uzza; quel luogo è stato chiamato fino ad oggi Peres-Uzza. Davide, in quel giorno, ebbe paura del Signore, e disse: “Come potrebbe venire da me l’arca del Signore?”. Davide non volle prendere l’arca del Signore presso di sé nella città di Davide, ma la fece portare in casa di Obed-Edom a Gat. L’arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom a Gat, e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa» (2Sam 6:1-11).

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Quest’episodio (certo molto crudo e difficile da accettare per la mentalità odierna) è sicuramente istruttivo da un punto di vista spirituale e rende bene l’idea di che cosa significhi temere e rispettare Iddio. Il povero Uzza stese la mano a protezione dell’Arca dell’Alleanza, perché pare che i buoi addetti al traino la facessero piegare pericolosamente. Il Signore colpì Uzza a causa della sua baldanza: Uzza e suo fratello Aio non erano Leviti e non avevano il compito della conduzione del carro (incarico, questo, demandato ai preti: vedi Nm 4:15; 18:3). Soprattutto, non avrebbero dovuto in alcun modo toccare l’Arca, pena la morte, anche se stava crollando a terra.

Qual è la lezione di fondo che possiamo trarre dal triste episodio? Questa: quel che a noi sembra buono e possibile, rispettoso e utile, privo di malvagità (ma non ha cercato Uzza di proteggere l’Arca? Che cosa ha fatto di male?), non è detto che lo sia davvero agli occhi di Dio. Pertanto, conviene fare soltanto quello che il Signore ci comanda, piuttosto che fare quello che noi pensiamo si possa e debba fare: la santità di Dio si rivela un fuoco bruciante e divorante: cfr. su tutti Eb 12:28-29; 10:31.

 

Arrigo Corazza