LE PARABOLE DEL CHICCO DI SENAPE E DEL LIEVITO

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LE PARABOLE DEL CHICCO DI SENAPE E DEL LIEVITO

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«Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti. Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono» (1Cor 1:27-28).

«E perché io [Paolo] non avessi a insuperbire per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amore di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte» (2Cor 12:7-10).

 

MANCATA COMPRENSIONE DEL REGNO DI CRISTO

Il Regno di Dio è la realtà della salvezza recata da Cristo ai peccatori. I quali tutti dovrebbero volgersi per l’appunto al Signore allo scopo di ottenere la pace dello spirito e il dono consistente nella vita eterna. Se andiamo però a guardare con accuratezza al loro atteggiamento, ci accorgeremo che assai pochi diventano cristiani secondo l’insegnamento del N.T. Diverse sono le motivazioni, che spesso variano da generazione a generazione. Si può tuttavia dire che una delle cause è la mancanza di comprensione del Regno di Cristo, che poi è la sua Chiesa (Mt 16:18; Col 1:13). Come al tempo del Signore, anche oggi l’idea del Regno di Dio è sostanzialmente quella che l’uomo si è formata nella mente e raramente quella che proviene dalle Sacre Scritture.

 

MODI DIVERSI DI INTERPRETARE IL REGNO DI CRISTO, LA CHIESA (COL 1:13)

Il Signore Gesù fu assai maltrattato, tanto nello spirito quanto nella carne, proprio perché i suoi contemporanei non avevano accettato la materializzazione del Regno che egli proponeva. Anche oggi affermare che la Chiesa di Cristo – ovunque sia riscontrabile – costituisce il Regno, significa far sorridere («Ma sono quattro gatti!»), giacché anche di questi tempi, proprio come ai tempi di Gesù, occorre essere numerosi, forti e attraenti secondo il canone del mondo. Se invece i cristiani propongono l’unico modello possibile per accettare il Signore e la sua salvezza, vale a dire il modello neotestamentario, allora essi appaiono fuori del mondo; sì, poiché il mondo (inteso come l’ambiente ostile al Signore che non accoglie i suoi precetti) ama ed esige le espressioni mirabolanti, grandiose, efficaci della religione cristiana. E quelle espressioni che, viceversa, sono modestissime o addirittura inesistenti sotto tale punto di vista, vengono inequivocabilmente eliminate dalla massa.

 

OSTENTAZIONE DI POTENZA DA PARTE DI CHIESE

Per essere candidata all’identificazione possibile con il Regno di Dio, una qualsivoglia Chiesa deve ostentare potenza, sicurezza, attività sociali assai impegnative e caritatevoli (quali ospedali, case di riposo, scuole e via dicendo). Deve inoltre magnificare la propria consistenza numerica, ventilando per ogni dove accuratissime rilevazioni statistiche che fanno sempre gran presa nell’opinione pubblica, particolarmente in coloro che non sono abituati allo studio della Parola di Dio.

Ma le cose, almeno basandosi sulla stessa Parola di Dio, non stanno affatto così. Dio ha scelto proprio le cose umili della vita per mostrare all’uomo peccatore la via della salvezza. Esattamente le cose che all’uomo paiono pazzia e suscitano noncuranza o disprezzo. Le Chiese di Cristo sono mosche bianche nell’enorme miscuglio. Che cosa esse dovranno fare per piacere al Signore? Dovranno semplicemente predicare il Vangelo, né più né meno, evitando con accuratezza di adeguarsi al sistema peccaminoso che intendono combattere. I cristiani non si preoccupano più di tanto di fronte all’ignoranza e alla megalomania degli increduli; il guaio accade piuttosto quando i cristiani stessi diventano ignoranti e megalomani al pari dei non credenti in Gesù. Possiamo dire dunque, a parziale conclusione di questo concetto, che una Chiesa di Cristo è il Regno di Dio quando predica e agisce secondo gli insegnamenti neotestamentari, qualunque sia l’aspetto esteriore: una Chiesa di Cristo senza ospedali, scuole, orfanotrofi è il Regno di Dio, perché cammina in verità su questo e su tutti i punti della linea dottrinale indicata dal Signore nella Bibbia; al contrario, una Chiesa di Cristo con ospedali, scuole, orfanotrofi e via dicendo, non è il Regno di Dio, dal momento che non cammina in verità (almeno su questo punto della linea).

 

NON GIUDICARE IL REGNO SECONDO ORIENTAMENTI UMANI

Gesù sapeva che i suoi non l’avrebbero accettato facilmente. Tutta la sua predicazione fu un invito a comprendere a fondo il messaggio del Padre, a non giudicare seguendo gli orientamenti umani, ma quelli da lui indicati. Egli era cosciente del pericolo insito nella sua messianicità, così diversa da quella che gli Ebrei avevano stabilita. Parlò allora del Regno in modo sublime, facendo talora uso di parabole eccezionali nella loro semplicità.

Matteo riporta, nel capitolo tredicesimo del suo vangelo, alcuni gioielli del metodo parabolico di Gesù sulla realtà del Regno. Assai belle sono, tra le altre, la parabola del granello di senapa e quella del lievito. Apprezziamole anche noi, brevemente. Queste due parabole ricorrono insieme in Mt 13:31ss e in Lc 13:18ss, mentre in Mc 4:30ss appare solo quella del granello di senape. Fatta eccezione per alcune minime differenze o aggiunte, i testi sono praticamente gli stessi.

Abbiamo a che fare con due piccole parabole relative al Regno di Dio e tendenti a dimostrare il contrasto tra un inizio insignificante e oscuro e l’esito imponente, meraviglioso e denso di prospettive incoraggianti, esito dovuto alla straordinaria forza del Regno stesso.

 

IL GRANELLO DI SENAPE (MT 13:31-32)

«Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi; ma, quand’è cresciuto, è maggiore dei legumi e diventa un albero; tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami» (Mt 13:31-32).

Gesù attira l’attenzione degli ascoltatori ponendoli a confronto con un chicco di senape, che, seppure piccolissimo, dà origine a un’alta pianta: dunque, il contrasto evidenziato dal Signore è tra il seme minuto e la grande pianta, tra la piccolezza iniziale e la maestosità finale. Praticamente Cristo offre questa similitudine: con il Regno dei cieli avviene proprio come (avviene) con un granello di senape.

Esso è tanto grande quanto una capocchia di spillo. Proverbialmente era considerato il seme più piccolo tra tutti i semi della terra (cfr. Lc 17:6; Mt 17:20). Assai probabilmente si tratta del seme della sinapis nigra dei botanici, la mostarda d’oggi. Da tale seme, avente un diametro di mm. 0,95/1,6 e un peso di 1 mg., trae origine un grande ortaggio, che può raggiungere tra i due e i quattro metri d’altezza.

L’immagine dell’albero che accoglie gli uccelli del cielo è mutuata dall’A.T., dai profeti che vollero così descrivere la prosperità e l’estensione universale del Regno di Dio (cfr. Ez 17:23ss; 31:5ss; Dn 4:7ss).  Lo sviluppo del Regno di Dio, la Chiesa, fu sicuramente sorprendente, ma, nello stesso tempo, molto oscuro. Chi mai avrebbe detto (ci poniamo dal punto di vista del mondo) che quel gruppetto di uomini ignoranti avrebbe predicato il vangelo dappertutto? La Chiesa, l’assemblea sorta dal Cristo, è preludio terrestre del Regno celeste (2Tm 4:18). Ciò è incomprensibile e inaccettabile agli uomini.

Guardiamo al seguente fatto riportato da Eusebio, il conclamato storico della Chiesa morto intorno al 340 d.C. Si tratta di un aneddoto che merita di essere segnalato, non fosse altro che per dimostrare la predisposizione dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) verso la povertà di alcuni parenti di Gesù.

«Domiziano comandò che fossero uccisi quelli di stirpe davidica. Un’antica tradizione racconta che alcuni eretici denunziarono perfino i discendenti di Giuda, fratello del Signore secondo la carne, rilevando la loro derivazione genealogica da David e la loro parentela con Cristo. Egesippo stesso mette in chiaro tutto ciò esprimendosi in questi termini: “In quel tempo vivevano ancora i parenti del Salvatore, vale a dire i nipoti di Giuda che fu detto fratello di lui secondo la carne. Denunciati come discendenti di Davide, dall’evocatus furono condotti davanti a Domiziano, il quale al pari di Erode paventava la venuta di Cristo. L’imperatore cominciò a domandare loro se provenissero dalla stirpe di Davide e quelli risposero di sì. Domandò loro quante possessioni avessero e quanto denaro. Risposero che tutti e due assieme possedevano novemila denari, metà ciascuno; aggiunsero però che non li avevano in contanti, ma in terre dell’estensione di trentanove pletri, da essi lavorate per pagare i tributi e per il necessario alla vita. E gli mostrarono le mani e, a prova della loro personale fatica, gli facevano vedere le membra rudi e le callosità delle ruvide palme a causa del continuo lavoro. Interrogati intorno al Cristo e al suo regno, intorno alla natura, al tempo e al luogo della sua venuta, risposero che l’impero di Cristo non è mondano e terreno, ma celeste e angelico; che si attuerà alla fine dei tempi, quando egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e renderà a ciascuno secondo le opere sue. Udito questo, non li condannò; ebbe invece un pensiero di sprezzo per la loro condizione così bassa, li rimise in libertà e, con un editto, fece cessare la persecuzione contro la Chiesa» (Storia Ecclesiastica, 3, XIX, XX, trad. Del Ton).

 

IL LIEVITO NASCOSTO NELLA FARINA (MT 13:33)

«Disse loro un’altra parabola: Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata» (Mt 13:33).

“Misura” in greco è sàton, corrispondente a un seah ebraico, a sua volta un terzo dell’efa, misura richiesta solitamente per la panificazione; cfr. Gn 18:6. Il sàton equivaleva, secondo Giuseppe Flavio a 1,5 modius romano (cfr. Ant. IX. 4. 5).

L’immagine proposta da Gesù è molto semplice: una massaia impegnata nella panificazione di tre misure di farina (circa quaranta chili), buone per nutrire un centinaio di persone). La donna, dunque, sta mettendo un pizzico di lievito in una grande quantità di farina. Il lievito è tanto efficace da fermentare l’intera massa.

 

CONCLUSIONI

Le due parabole hanno un fondo comune: il Regno del Signore, che nasce oscuramente ma che produce da ultimo la salvezza grazie alla straordinaria forza di cui è dotato. E appunto il Signore vuole ricordare ai credenti l’efficace azione del lievito, quantunque invisibile praticamente a occhio umano. La forza di Dio è incommensurabile e i suoi programmi trovano compimento nella storia umana, che diventa pertanto storia della redenzione in Cristo, centro dell’universo.

Queste due preziose parabole invitano i cristiani ad avere fiducia e speranza in Dio, a pregare e a operare secondo i suoi comandamenti, senza minimamente alterare la natura e la consistenza del seme del Regno, che è la Parola di Dio, spada dello Spirito (Ef 6:17).

 

Arrigo Corazza