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L’INCONTRO TRA GESÙ E IL GIOVANE RICCO

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L’incontro tra Gesù e il giovane ricco è un caposaldo dell’insegnamento biblico relativo al legame tra l’uomo e la ricchezza. Ma non ci soffermeremo su questo tema, pure degno. A noi interesserà piuttosto esaminare alcuni aspetti emergenti da questo episodio circa il rapporto di Gesù con i peccatori in genere, e con la verità di Dio in particolare.

 

IL FATTO

«Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre”. Ed egli rispose: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù”. Gesù, guardatolo, l’amò e gli disse: “Una cosa ti manca! Va’, vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!”» (Mc 10:17-23).

* * *

Il caso è raccontato in Mt 19:16-22, Mc 10:17-22; Lc 18:18-3, omesso nel Vangelo di Giovanni. Esistono differenze tra i tre brani. Noi scegliamo quello di Marco sia perché si tratta verosimilmente della versione più antica dell’episodio alla quale gli altri autori sacri hanno attinto, sia perché nel resoconto di Marco compaiono due frasi fondamentali per l’insegnamento che si vuole qui trarre e proporre, ossia: «un tale accorse e inginocchiatosi davanti a lui …» (v. 17); «Gesù, guardatolo, l’amò» (v. 21).

Questo, in breve, l’episodio: prima che Gesù facesse il suo ingresso trionfale a Gerusalemme, un tale, un giovane (Mt 19:20), uno dei capi (Lc 18:18), corre fino a lui e, prostrandosi, gli pone la domanda essenziale per ogni spirito religioso: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Il Signore gli risponde di osservare i comandamenti divini. Alla replica del giovane («Maestro, tutte queste le ho osservate sin dalla mia gioventù», v. 20), Gesù aggiunge, amando nello stesso tempo il suo interlocutore: «Se vuoi essere perfetto (Mt 19: 21), una cosa ti manca: va’, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi, vieni e seguimi» (v. 21). Ma il giovane ricco, per tutta risposta, si allontana assai amareggiato perché possiede molti beni.

 

DUE ANNOTAZIONI PRELIMINARI

Prima di entrare nel dettaglio, conviene notare due punti interessanti. In primo luogo, dall’ateo si sente talora dire che, se oggi il Cristo gli apparisse, egli crederebbe. Non è detto. In Palestina molti parlarono con lui, vedendolo operare ogni sorta di miracolo, eppure non ebbero fede. Il fatto che qui ricordiamo è per l’appunto uno di questi casi, peraltro tra i più significativi, giacché, stando ai Vangeli, il giovane ricco costituisce l’unico esempio di persona che rifiuti la chiamata diretta di Gesù.

In secondo luogo, il giovane ricco, uno dei capi, alla pari di Nicodemo (Gv 3:1ss), si pone il problema spirituale in termini molto seri. E una persona che corre verso Gesù, gli si prostra dinnanzi, lo riconosce senza alcun dubbio come apportatore di un messaggio importante. Nessuno assume tali atteggiamenti senza avere un vero interesse in Dio. Egli cerca Dio e crede che Gesù sia in grado di aiutarlo o comunque di soddisfarlo in tale ricerca. Purtroppo per lui, però, il giovane ricco non si aspettava, proprio come accade a molti con cui parliamo del Vangelo, che Gesù gli chiedesse di fare quello che egli non avrebbe mai voluto fare: rinunciare alle ricchezze, il suo punto debole. “ll Signore pretende troppo da me! Mi accetti così come sono”, deve aver pensato il giovane ricco. Ma questo non è quello che pensa il peccatore dei giorni d’oggi, che non si vuole piegare totalmente di fronte a Cristo e alla sua maestà?

 

L’AMORE DI GESÙ VERSO I PECCATORI

Cosa c’insegna quest’episodio, di là dall’evidente fatto che chi ama le ricchezze più di Dio non può entrare nel Regno dei cieli? C’insegna alcune sostanziali verità riguardo al modo, oggigiorno, di predicare il Vangelo e di proporre il discorso religioso. Gesù ama i peccatori. È morto per questo motivo (Gv 3:16). Eppure, il Signore, allorché nota la fede parziale, soggetta all’orgoglio umano, dipendente dal mondo, schiava, disposta solo parzialmente verso Dio, spinge il dialogo col peccatore al punto tale che questi deve prendere una decisione seria e definitiva: con lui o contro di lui, sulla base suprema della verità, della Parola di Dio. È quel che accade in Gv 8:31-47, dove Gesù provoca la reazione dei Giudei che hanno appena creduto in lui definendoli figli del diavolo e schiavi del peccato.

Anche riguardo al giovane ricco il Signore si comporta nel medesimo modo: Gesù ama il giovane peccatore bisognoso della grazia divina e gli chiede di fare tutto quello che occorre per seguirlo in questa vita e in quella a venire, ossia gli chiede di fare ciò che risulta giusto e vero nella bontà di Dio (cfr. Mc 10:18), il quale vuole che tutti si salvino e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2:4). Il peccatore deve capire che il proprio simile non può salvarlo. Non bisogna pertanto interpretare la figura di Gesù come quella di un semplice “uomo di Dio” che, quantunque bravo, annunci una delle numerose verità: Gesù è Dio, è la Parola di Dio, è la via, la verità e la vita, come si capisce perfettamente dal Vangelo di Giovanni, ed è per questo che l’uomo non può, vantando propri meriti, giungere alla salvezza senza Cristo. Quel ch’è impossibile agli uomini, è possibile a Dio (Mc 10:27), soprattutto salvare tramite Cristo i peccatori pentiti, redenti, disposti a sottomettersi al Padre seguendo il modello di ubbidienza tracciato dallo stesso Gesù. La fonte di ogni bene e della salvezza è unicamente in Dio mediante Gesù, il Figlio fedele e ubbidiente sino alla morte e alla morte di croce (Fil 2:1ss). Non capire l’umiltà di Gesù e lo svuotamento della sua gloria significa cadere inevitabilmente nella trappola dell’arianesimo antico e moderno quale quello rappresentato dai Testimoni di Geova, che, sulla base di alcuni versi neotestamentari estrapolati dall’intero contesto biblico, riduce Gesù alla stregua di una specie di divinità inferiore a Dio. Quale grave errore!

 

GESÙ, I PECCATORI E LA VERITÀ

Dobbiamo dunque dire che Gesù rifiuta i peccatori? Perché, come si notava prima, il Signore provoca i Giudei che avevano creduto in lui (Gv 8:31) e spinge il giovane ricco ad allontanarsi? Non avrebbe potuto fare qualcosa “di speciale” per attrarli a sé? No! Deve essere la risposta di chi conosce la Scrittura, di chi, senza paura, non teme di perdere la propria dignità di cristiano. Gesù ha fatto quel che doveva fare. Gesù ha chiesto al giovane ricco di amare Dio con tutto il proprio essere, ponendo il Regno e la giustizia divina come obiettivo primario (Mt 6:33)! Gesù non ha rincorso il giovane ricco prendendolo per il collo e dicendogli in modo soave e compromissorio, come sappiamo fare noi: “Ma dai, non ti scandalizzare! Troviamo un accordo, che vuoi che sia…”! Gesù lo ha amato e per questo gli ha detto quel che avrebbe dovuto fare per compiacere il Padre e non gli uomini (cfr. inoltre Gal 1:10). Oggi amare un peccatore significa annunciargli Cristo e ciò che Cristo esige da lui; vuol dire parlargli della verità e dell’ubbidienza alla verità. Non significa dirgli: “Mettiamoci d’accordo, non ti preoccupare se sei adultero o ladro o fornicatore, e così via, tanto ti accettiamo ugualmente”, coltivando il segreto pensiero di avere un membro di Chiesa in più! Quanti predicatori correrebbero dietro al giovane, dimenticando i suoi peccati ma ricordando le sue ricchezze. In realtà, non si può nulla contro la verità. Se non si è nella verità portata da Cristo, non è possibile essere salvati. I (falsi) predicatori possono dire, fare magie, saltare, girare, ammiccare allo scopo di riempire le loro chiese (umane), ma l’immutabile verità di Dio né si compra, né si distrugge (cfr. 2Cor 13:8).

 

Arrigo Corazza