14 novembre 2013
Gli studiosi di storia delle religioni definiscono “culto” l’insieme di atti sensibili che una comunità e/o un individuo compiono per stabilire una relazione con l’Essere Supremo; il rito religioso rappresenterebbe il complesso di norme che regolano il culto nel suo svolgimento.
Per quanto concerne il cristianesimo, Dio presenta talune disposizioni, contenute precisamente nel N.T., che vanno applicate perché sussista il vero e unico culto da dedicargli. E proprio secondo il N.T., il culto domenicale dei cristiani si compone di cinque atti: preghiera, canti, predicazione, colletta, partecipazione alla Cena del Signore. Soprattutto, è importante che tale culto giunga al Signore nella maniera più adeguata per soddisfare l’anima di colui che si rivolge a Dio per una reale necessità dello Spirito. Pertanto, il culto che oggi si deve rivolgere al Signore va necessariamente identificato con quello descritto nelle pagine ispirate del N.T., culto disposto dalla sapienza divina per procurare al credente gioia e salvezza eterna. Tuttavia, proprio nel N.T. è possibile notare, oltre al culto voluto da Dio, altre forme nient’affatto rispondenti al proponimento divino. Si tratta, per l’esattezza, del culto vano e del culto ignorante. Li esamineremo qui sotto.
Il cristiano deve preoccuparsi costantemente di adorare Dio secondo la sua volontà, facendo della carità verso di lui e verso i fratelli l’elemento più importante. Una delle più belle esperienze ed espressioni della nostra vita spirituale si ha quando, insieme, adoriamo il Padre attraverso il Cristo. E questo secondo lo Spirito e la verità. È bello quando i fratelli dimorano insieme nello Spirito e nella Parola di Dio (cfr. Sal 133:1). È bello quando i fratelli possono tutti assieme parlare delle cose del Regno, organizzando il proprio spirito e le proprie attività ai fini della predicazione del Vangelo di Cristo. È bello quando i nostri sforzi sono ricompensati dalla conversione dei peccatori all’unico Dio. È bello quando i cristiani si ergono a difesa del Signore in questo mondo piagato dal peccato, dal male, dalla bestemmia, dalla mancanza di amore. È bello pensare di stare nell’aldilà con Dio. Pensiamo a questo sempre, con passione, o solo qualche volta? Che diciamo circa le stupende realtà future promesseci dallo Spirito Santo? Siamo attratti dalla comunione celeste con Dio?
IL CULTO VANO (Matteo 15:1-9)
Questo culto è assai ben descritto dal Signore in Mt 15. Il disagio provato dagli avversari di Gesù scaturiva dal fatto che i suoi discepoli non si lavavano le mani prima di mangiare. A quel tempo, tale prassi era molto seguita – in ossequio alla «tradizione degli antichi» (costituita dai precetti e costumi religiosi che i Giudei si tramandavano di generazione in generazione fin dal periodo mosaico parallelamente all’osservanza della legge scritta di Mosè. Si credeva, infatti, che, accanto alla legge scritta di Mosè, Dio avesse disposto per il popolo una serie di tradizioni orali alla quale si doveva prestare la massima attenzione). Gesù, però, non considera valida tale tradizione umana: «Voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?». Con il che il Signore insegnava che la Parola di Dio era ben più importante della loro tradizione. Altrettanto vale per le tradizioni umane immesse nel cristianesimo. Come allora, anche oggi Gesù condanna la trasgressione della sua legge a causa dei comandamenti umani che sempre si susseguono (v. 9). È oltremodo presuntuoso aggiungere al culto divino quegli elementi che non sono contemplati dal N.T., quantunque essi possano apparire raccomandabili all’uomo. Il nostro dovere consiste nel mettere in pratica ciò che Dio ha comandato e disposto a nostro esclusivo beneficio. Non dobbiamo dunque apportare vane modifiche ai precetti neotestamentari.
IL CULTO IGNORANTE (Atti 17:16-30)
L’incontro/scontro di Paolo con i filosofi ateniesi produsse un memorabile sermone da parte dell’apostolo: Dio non può (né deve) essere rappresentato in forma umana giacché è l’Eterno, infinitamente superiore a qualunque immaginazione dell’uomo. La religiosità degli Ateniesi si materiava in un culto pieno d’ignoranza, cioè estraneo alle direttive divine, infarcito com’era di tendenze pagane e politeistiche (“adorazione di più divinità”). Fu così che Paolo dovette insegnare ai suoi ascoltatori che Dio non accetta più i tempi dell’ignoranza, perché in Cristo si ottiene la conoscenza della vita eterna. Dio è l’unico oggetto della nostra adorazione e, pertanto, adorarlo in ignoranza equivale a essere condannati nel giorno del giudizio (2Cor 5:10).
CULTO IN SPIRITO E VERITÀ (Giovanni 4:1-42)
Il discorso di Gesù alla Samaritana esprime alcuni dei più profondi insegnamenti dell’intera Bibbia a proposito del culto ben accetto a Dio. Gesù pone subito in evidenza il contrasto tra l’adorazione dei Giudei e quella dei Samaritani (che avevano un proprio luogo di adorazione sul monte Garizim). Dapprima il Signore fa notare come il vero culto provenisse dai Giudei e non dai Samaritani. Poi passa a dire che un cambiamento era in procinto di accadere: difatti, sarebbe venuta l’ora in cui né sul monte Garizim né in Gerusalemme si sarebbe offerto il culto al Signore, ma solo in spirito e verità (v. 24). Si tratta di un culto in cui ciò che sembra bello (o ciò che piace) non ha alcuna importanza: bisogna adorare solo in spirito e verità, come vuole Dio.
Se Dio è spirito, allora devo adorarlo nel mio spirito (vedi Rm 1:9) secondo lo Spirito Santo, che ha dato la Bibbia, guida per ogni forma di adorazione voluta da Dio in Cristo Gesù. Lo spirito dell’uomo risponde allo Spirito di Dio. La natura della mia adorazione deve essere continuamente in armonia con l’essenza di Dio. L’adorazione in verità significa che essa avviene nella realtà del Nuovo Patto, dove Gesù è via, verità, vita, è luce, è il vero pane e il vero vino (come Giovanni afferma in vari luoghi del suo vangelo). Dunque, cantiamo con il cuore (senza l’ausilio di strumenti musicali, ausilio non contemplato dal N.T.), partecipiamo alla Cena del Signore, preghiamo Dio tramite il Cristo, diamo con allegrezza secondo quel che è stato deliberato dal nostro interiore, ascoltiamo la predicazione del vangelo. E sino alla fine, adoriamo in spirito e verità.
Arrigo Corazza