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Un giorno Gesù volle spiegare ai discepoli lo scopo della sua missione in terra: «non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo» (Gv 12:47). In altre parole, il Signore è venuto con intenzioni positive e bendisposto verso l’umanità peccatrice. Quelle parole di Cristo hanno però creato un’impressione tutt’altro che corrispondente a quella che il Maestro intendeva. La gente, quella di oggi e forse quella di sempre, pensa che Dio è “tanto buono” e “tanto misericordioso” da non condannare alla fine nessuno. Perché? Perché Cristo è venuto per salvare il mondo, e non per condannarlo!

Vediamo però il vero significato delle parole di nostro Signore. Se ha detto di non essere venuto per condannare il mondo, è solo perché il mondo non ha bisogno di essere condannato da Cristo: LO È GIÀ PER CONTO SUO. Se Gesù fosse venuto per condannare il mondo, allora significherebbe che il mondo era salvato prima che venisse Gesù stesso. Se è venuto per salvare l’umanità, allora significa che l’umanità è perduta, e il discorso si fa diverso.

La gente che ricorre alla bontà di Dio, all’amore di Gesù e alla grande misericordia che impregnerà il giorno del Giudizio, corre un grandissimo pericolo d’essere disillusa dai fatti. L’amore di Dio c’è adesso, in questa vita, perché ci offre la possibilità di nascere di nuovo, di anticipare la nostra morte e la nostra resurrezione, di affrontare la morte fisica con la medesima serenità con la quale si va incontro al “sonno” («Beati quelli che d’ora innanzi muoiono nel Signore … perché si riposano dalle loro fatiche», Ap 14:13).

La bontà e la misericordia sono oggi a disposizione degli uomini, perché adesso, in questa vita, hanno la possibilità di ottenere la “remissione dei peccati” e di diventare “nuove creature”. Al giorno del giudizio ci sarà il Signore il quale salverà i nuovi giusti, cioè i “giustificati” nel suo sangue, quelli che avranno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. È tutta un’altra cosa!

L’equivoco nasce e vive sulla base di una falsa concezione che evidentemente qualcuno ha messa in giro di proposito. Ed è pericolosissimo perché illude e inganna anche le persone “in buona fede”, quelle cioè che agiscono convinte che sarà proprio così … Qual è l’equivoco? Questo: la gente non si rende assolutamente conto di aver bisogno di un Salvatore. Essi pensano di essere onesti, buoni, bravi, che hanno sempre fatto del bene quando hanno potuto, che di Dio non hanno mai dubitato e via dicendo. È chiaro che, stando così le cose, si sentono “salvati”, si ritengono “a posto” e di nulla avvertono il bisogno. È un po’ la storia del pubblicano e del Fariseo (Lc 18:9-14). L’uno si basa sulla ingiustizia degli altri, la confronta con la propria e si assolve non solo, ma costringe Dio alla condivisione di giudizio positivo a suo riguardo e negativo invece nei confronti del disgraziato pubblicano. Quest’ultimo, dal canto suo, avverte pienamente la propria miseria e invoca pietà; si sente perduto, ma cerca salvezza. La conclusione della parabola secondo Gesù è esemplare: la giustificazione andrà a chi l’ha cercata.

Il mondo oggi non sente di aver bisogno di Cristo ma pensa che Cristo abbia bisogno degli uomini. L’equivoco è immenso, e dobbiamo fare qualcosa per gettare un po’ di luce tra le tenebre.

 

Alessandro Corazza (1926 – 2017), 2008